Wedding Comedy
Wedding humour; le domande da non fare a un fotografo – 1^ puntata
In 4 Gennaio 2019 da giuseppescaliphotoAVVERTIMENTO: il pippone sottostante è ironico, sarcastico, e potrebbe ingenerare fastidi nelle sposine più intransigenti. Se siete permalose, non continuate a leggere ma contattatemi per un preventivo!
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Ovviamente l’avvertimento è passato inosservato…
Eccoci allora alla prima puntate de “le domande da non fare a un fotografo”, pena la morte cerebrale del medesimo…
La domanda più frequente che mi sento fare dagli sposi, dopo la consegna, è “ma quante foto hai fatto?” con le inevitabili varianti “come mai le foto sono così poche?” o “come mai le foto sono così tante?” o anche “Puoi darmi tutte le foto?” “mi puoi dare i (AAAAAAAAAARGH) raw?”… Per non parlare di “ma perché un fotografo costa così tanto?” “fammi bella con Photoshop” “che ci vuole a fare una foto? basta fare clic…”
Ci sarebbe un universo da dire, su tutte queste “domande”… In questa prima puntata, parlerò di quantità e qualità del materiale consegnato ai clienti.
In un mondo di orsetti coccolosi e fontane di cioccolato al latte che non fa ingrassare, queste domande non le farebbe nessuno. Ma, visto che siamo circondati da violenza domestica, file incontrollate agli sportelli, applausi all’atterraggio dell’aereo e da una generale aggressione al colesterolo (tutte cose che portano la minima del sottoscritto a 180), cercherò di spiegare con parole semplici perché noi “cattivissimi” fotografi facciamo tremila foto al vostro matrimonio e poi ve ne diamo “soltanto” trecento.
Un po’ di storia…
I fotografi matrimonialisti, sino a metà degli anni 90, utilizzavano, per la maggior parte, fotocamere a pozzetto o reflex analogiche. Il 99% di loro scattava prediligendo la classica “fotografia posata” che oggi è stata soppiantata (almeno a parole) dal “reportage di matrimonio”.
Questi apparecchi, stupendi per vari motivi, ma più o meno difficoltosi da gestire, avevano una capacità di scatto limitata a 12-15 pose (per le fotocamere 6×6 o 6×4.5) o 36 pose (per le fotocamere 35mm). Dopodichè si doveva sostituire il rullino, con perdite di tempo, e a volte, anche di immagini irripetibili.
Inoltre, data la pressoché totale assenza di scatti improvvisati nel servizio fotografico, il numero di fotografie fatte ad un matrimonio “classico” difficilmente superava le 100 pose. Inoltre, di questi 100 scatti, solo una minima parte confluiva nell’album fotografico, ed i negativi non venivano MAI consegnati al cliente.
Dopo un annetto di paziente attesa, ti beccavi l’album con 40 foto, e se volevi copie o ingrandimenti, ti accomodavi in studio con un paio di carte da diecimila ed aspettavi pazientemente la consegna, non senza fastidi per l’impegnatissimo fotografo.
E oggi?
Con l’avvento del digitale, e – soprattutto – la tendenza ad immortalare O G N I F O * * U T O M O M E N T O della giornata, il fotografo medio (medio basso però, perché chi lavora bene scatta comunque relativamente poco), fa foto in continuazione, come se non ci fosse un domani, correndo come un folle dalle 8 del mattino sino a mezzanotte, per catturare tutte le “emozioni” dell’evento…
Tutto questo si traduce in un paio di migliaia di foto (come minimo), che devono essere necessariamente sfoltite, a causa di serie identiche, doppioni, foto mosse, fuori fuoco, photobombers, parenti in mezzo alle balle convinti che la fotocamera da millemila euro faccia la differenza, e roba simile… ancora prima di mettersi a fare la prima vera cernita, che è invece basata su tantissime valutazioni, non necessariamente tecniche.
E’ per questo che costiamo così tanto. A fare clic sono buoni tutti. Quello che costa è tutto l’universo di cose che riversiamo dentro l’indice quando decidiamo che è “quello” il momento di fare clic.
Questo perché, non mettendo in posa nessuno, è inevitabile che si cerchi di catturare ogni momento nel modo migliore, “inseguendo” il soggetto, girandogli intorno, osservando lui e il contesto, e scattando alcune foto di cui, verosimilmente, solo UNA sarà quella degna di essere passata al successivo vaglio della selezione finale.
E comunque, anche quella potrebbe essere scartata, se non funzionale al racconto.
Spiegati meglio…
Un matrimonio può essere raccontato al meglio con 24 foto. Non ne servono né una di più né una di meno. Ci si piega alle richieste del committente perché ormai il valore del singolo scatto è meno di zero, vista la quantità immane di fotografie che invadono la nostra vita, e che, inevitabilmente, ne distrugge il valore evocativo ed emotivo.
Basta guardare l’album di foto del matrimonio dei vostri genitori, per capire di cosa parlo. Quelle 40 foto ingiallite, a volte anche sfocate o tecnicamente approssimative, se viste con l’occhio di un qualsiasi appassionato di oggi, vi trasmetteranno una quantità di emozioni e sentimenti che nessun professionista moderno potrà mai eguagliare.
Non perché sia meno bravo, anzi. Ma semplicemente perché la quantità di immagini a vostra disposizione è talmente esigua che ogni singolo fotogramma viene assorbito, esaminato e metabolizzato, e resterà nei vostri ricordi a lungo, molto più di quanto possa rimanervi un “selfie” in spiaggia o una storia di Instagram.
Di ogni singolo momento, non vi serve nulla di più di un singolo scatto. E la scelta dello scatto migliore non può essere demandata al cliente, per moltissimi motivi (cultura fotografica, esperienza, tecnica, continuum della storia, contesto, racconto…)
In conclusione
Tutti i colleghi (se professionisti, qualificati e preparati), vi consegneranno le immagini migliori, in numero sufficiente (nè troppe, nè poche) per un racconto completo ed emozionante.
Chiederne ancora non aggiungerà nulla al vostro ricordo, se non confusione e diminuzione di qualità.
Ci ritroveremo nella seconda puntata de “le domande da non fare a un fotografo” nei prossimi giorni. In ogni caso, per ogni dubbio, qui trovate le FAQ, che potranno chiarire tutti i vostri quesiti sui miei servizi fotografici!